Philadelphia Eagles, la rivincita degli underdogs

A volte, le prospettive di una squadra di football americano variano bruscamente, questo perché ci dimentichiamo continuamente del fatto che stiamo parlando di una disciplina dove esistono ventidue parti in movimento ad ogni snap, e le dinamiche sono decise dalla singola giocata di quel preciso momento. L’annosa questione dell’infortunio di Carson Wentz e del dimezzamento delle speranze postseason di una squadra di potenziale da Super Bowl ha tenuto fortemente banco ed è stato giusto così, d’altra parte togliere un talento sbocciato in quel modo al solo secondo anno tra i professionisti ad un attacco rivelatosi spettacolare proprio grazie a lui avrebbe portato a delle conseguenze precise, ma secondo quanto ha stabilito il campo in nottata non sono state evidentemente calcolate con il massimo della precisione.

Articolo a cura di PlayitUSA

Ovvio che gli Eagles fossero destinati a non essere più offensivamente spettacolari e che fosse strettamente necessario considerare all’interno del quadro generale le sospette prove di un Nick Foles chiamato a sostituire il titolare senza possederne le medesime caratteristiche tecniche e soprattutto istintive – quest’ultima una questione che non si può insegnare ma che si ha dentro sè – tuttavia l’equazione non poteva considerarsi completa senza includere nel ragionamento un aspetto fondamentale e sottovalutato dalla maggior parte di chi aveva affossato le speranze di Philadelphia ben prima del kickoff, ovvero la capacità di trasformare la propria filosofia offensiva plasmandola secondo il personale a propria disposizione, rivelatosi quell’elemento capace di far spiccare il volo agli Eagles in una partita assai combattuta, vicina nel punteggio e davvero dura da giocare per la sua fisicità estrema.

I Falcons ospiti del Lincoln Financial Field hanno assaggiato per primi questa nuova versione della squadra di Doug Pederson, che – data la sicurezza oramai raggiunta per la questione playoff al momento dell’infortunio a Wentz – avrà certamente pensato di fornire il minor numero di indizi possibile per ciò che rimaneva da giocare della regular season custodendo il segreto in vista del mese di gennaio, ed eccoci qui a parlare di una squadra capace di superare lo scoglio del Divisional Playoff da sfavorita grazie alla sua capacità di correre il pallone e giocare con attenzione la run/pass option. E questa capacità di mutazione concettuale, al di là della vittoria finale, crediamo possa essere il miglior attestato di validità possibile per giudicare le capacità del Pederson capo-allenatore.

Eagles e Falcons hanno giocato una gara inattesa visto il punteggio ridotto, impostata su un possesso offensivo quasi equo dal punto di vista della gestione del cronometro e caratterizzata dall’immensa fatica con cui ciascuna delle due compagini è riuscita a varcare la linea di meta, delegando la decisione nella differenza nello scoreboard a field goal e giocate difensive imponenti, lasciando il caldo pubblico di Philadelphia in preda ad una continuata sensazione di nervosismo ed agitazione per le sorti dei beniamini di casa, fino all’ultimo minuto della competizione.

Partita a scacchi, dunque, e non gara aperta ad una moltitudine di touchdown come sarebbe stato probabilmente lecito attendersi in presenza di Wentz, un contesto all’interno del quale ha prevalso il senso tattico espresso tanto da Pederson in attacco quanto da Jim Schwartz per la difesa: il primo ha insistito nel gioco di corse e nei guadagni corti ma costanti per tutto il primo tempo cercando di catalizzare l’attenzione di Atlanta verso Jay Ajayi e sfruttare la questione a suo favore nella ripresa; il secondo ha preso una decisione a monte eliminando Devonta Freeman dal piano di gioco avversario facendogli collezionare la miseria di sette yard in dieci tentativi di corsa, fornendo il primo importante tassello per permettere agli Eagles di stra-vincere il confronto tra all-around back.

Ajayi ha difatti ammassato 98 yard dallo scrimmage e lo ha fatto grazie ad una finezza tattica ottimanente studiata dallo staff ed altrettanto egregiamente applicata sul campo dal centro Jason Kelce, incaricato in diverse azioni di salire al cosiddetto secondo livello della difesa e cercare Deion Jones nello specifico, eliminando molti dei suoi interventi per perdite di yard ed aprendo varchi importanti, una differenza sostanziale per una gara dove ogni yard guadagnata è valsa praticamente doppio. Lo strumento è senz’altro servito per chiudere il primo tempo sotto solamente di un punto nonostante l’apparente miglior verve di Atlanta nei primi trenta minuti, pur dovendo sottolineare l’ennesima azione bizzarra di questi playoff proprio nei momenti conclusivi del secondo quarto, quando Keanu Neal si è visto rimbalzare un possibile intercetto sul ginocchio consentendo un’improbabile ricezione a Torrey Smith, consentendo al sorprendente rookie Jake Elliott di infilare un’importante conclusione di 53 yard, alla fine dei conti determinante.

Gli Eagles sono saliti di colpi nella ripresa, e pur non segnando mete sono riusciti ad essere gli unici in grado di produrre punti. Pochi drive per entrambe le squadre e tempi di possesso in grado di fagocitare anche metà quarto, con la sostanziale differenza di costringere sistematicamente al punt i Falcons rendendo inefficace la pur costante connessione tra Ryan e Jones, che il centinaio di yard le ha portate a casa ma senza il fattore più importante, la meta, e lasciando che Telvin Coleman (10 corse, 70 yard) raccogliesse la produzione che sarebbe dovuta appartenere a Freeman, ma sempre senza avvicinarsi all’area più importante. Philadelphia ha alimentato le proprie serie di giochi sfruttando le conseguenze del primo tempo, con i Falcons dunque attentissimi ad Ajayi, ed un Foles particolarmente bravo nell’osservare le traiettorie dei propri ricevitori decidendo in un secondo se consegnare la palla al running back o seguire la slant di turno generando l’ingresso ufficiale in partita sia per Jeffery che per Ertz, tra i protagonisti dei due lunghi drive (74 e 80 yard) dai quali Philadelphia ha ricavato i 6 punti totali che hanno decretato la differenza finale.

La giocata decisiva è stata lo specchio della stagione dei Falcons, impossibilitati nel replicare lo spettacolo offensivo visto ai tempi di Kyle Shanahan nel loro straordinario 2016: Ryan indietreggia sotto un mare di pressione, Jones scivola in endzone rompendo il timing dell’azione, si rialza e tenta la presa di un pallone che il suo quarterback è riuscito a tenere quache secondo in più decidendo di indirizzarlo verso il suo bersaglio più affidabile, solo per ottenere l’incompleto che mette fine alla stagione di una squadra risultata assai poco efficace in redzone per tutto l’arco della stagione, nonostante la moltitudine di armi offensive contenute nel proprio arsenale.

Ritroveremo di certo Atlanta da protagonista l’anno prossimo dato che il presente campionato potrà offrire numerosi spunti per riparare gli aspetti offensivi che non hanno funzionato, e di talento, qualunque lato del campo si osservi, ce n’è in abbondanza. Gli Eagles protagonisti continueranno invece ad esserlo la prossima settimana contro una tra Minnesota e New Orleans, indossando ancora una volta gli scomodi panni dell’underdog dettati dall’assenza del loro grande e giovane condottiero, Carson Wentz. Intanto, facendo il verso al mitico Rocky, il primo round contro il destino l’anno vinto loro.