La preghiera ascoltata, l’upset che non ti aspetti, ed i soliti noti

Diciamocelo chiaramente cari signori, questi saranno anche i playoff Nfl ed è quindi lecito attendersi momenti di maggior tachicardia rispetto alla stagione regolare, ma un fine settimana con una tale quantità di pazzie assortite  non l’avevamo sinceramente mai visto nonostante la duratura passione per la palla ovale. E’ stato un vero weekend di ordinaria follia, dov’è accaduto così tanto di imprevedibile da farci ringraziare i Patriots per aver in qualche modo stabilizzato tutto con la loro ovvietà.

Articolo a cura di PlayitUSA

Sono già trascorse diverse ore dal termine della partita tra Vikings e Saints, ma la sensazione di completa incredulità ancora non ci abbandona. Prima o poi ce ne renderemo conto, abbiamo assistito alla storia mentre la stessa veniva scritta in quello stesso momento in cui quasi tutti avevano gettato la spugna, comprendendo nell’elenco anche quel Case Keenum autore di quella preghiera dall’improbabile destinazione, resa possibile da un intervento completamente errato nel timing effettuato – destino beffardo – proprio da uno dei numerosi rookie d’impatto scelti quest’anno dai Saints, un Marcus Williams che aveva molto ben impressionato proprio per la precisione nei placcaggi e per la comprensione tattica delle situazioni, e che da domenica si porterà appiccicata per lungo tempo un’etichetta scomoda ed ingiusta.

Quanto è accaduto a Minneapolis è già da leggenda in questo preciso istante, perché raramente in Nfl si era visto un epilogo del genere grazie ad un’azione che ha letteralmente ridefinito i parametri del termine impossibile, ma pensiamo per un solo istante alle ipotetiche conseguenze della ricezione di Diggs, che potrebbe trasformarsi nel gesto che ha reso possibile il raggiungimento o addirittura la vittoria di un Super Bowl casalingo che diverrebbe un evento di proporzioni colossali, un pacchetto di episodi pronti a svolgersi una volta superato il comunque insidioso ostacolo-Philadelphia, l’unica gara di playoff che i Vikings giocheranno fuori casa comunque vadano le cose. La parola incredibile è stata utilizzata per faccende molto meno entusiasmanti di questa, e pertanto non sapremmo sinceramente che cosa andare a pescare nel dizionario per rendere bene l’idea di ciò che sta accadendo nella glaciale località del nord degli Stati Uniti freddo glaciale proprio in queste ore, quando è lecito sognare ad occhi aperti.

Non si dovrebbe giudicare un’espressione attraverso il filtro della televisione o dello schermo del pc, così come non si può leggere direttamente all’interno del cuore di una persona distante migliaia di chilometri, e ci si affida così alle impressioni personali: di questa partita resterà per sempre il fermo-immagine dell’espressione stupita del viso di Case Keenum mentre tentava di realizzare quanto era accaduto e soprattutto se il tutto fosse reale, proprio lui, un giocatore che prima di allora aveva già ottenuto la sua grande vittoria personale riuscendo a tornare ad essere il titolare di una squadra Nfl contro i pronostici (seppure spinto da infortuni di terzi…), a seguito di una carriera cominciata entrando da quella porta di servizio riservata a tutti quei collegiali mai scelti, e che si è ritrovato ad essere protagonista di una giocata di cui parleranno generazioni e generazioni di appassionati di football.

Keenum, spesso criticato per non aver mai dimostrato di essere qualcosa in più di una buona riserva nelle sue esperienze presso Texans e Rams, a Minneapolis ha invece convinto partita dopo partita grazie ad un sistema offensivo probabilmente più adatto alle sue caratteristiche ed alle sue capacità decisionali, una filosofia concettuale che ha reso produttivo anche l’eroe locale Adam Thielen, pure lui snobbato dal processo del Draft, nonché il destinatario di quel passaggio impossibile, Stefon Diggs, che nel 2015 la chiamata l’aveva invece ricevuta, ma dopo che 145 giocatori avevano si erano già visti assegnare la loro destinazione professionistica.

Con un attacco in grado di eseguire nella maniera corretta il piano di gioco ed una difesa atta a terrorizzare anche il più audace dei quarterback si può concretamente spiccare il volo. DI questo i Vikings sono ben informati, ma la cosa è nota anche ai Jaguars, che hanno trasformato la loro città di provenienza in Sacksonville dopo aver messo mano per ben 55 volte addosso al regista di turno in regular season, portando una pressione insopportabile per chiunque, soprattutto per la squadra per la quale sono divenuti un’autentica bestia nera, quegli Steelers incapaci di porre rimedio alle sventole rimediate presso il loro caro Heinz Field sia in occasione dell’incontro di campionato regolare – quello, per intenderci, dei cinque intercetti di Big Ben e delle susseguenti bufale del possibile ritiro – e sia nello scontro-playoff di domenica scorsa, confezionando un upset di quelli memorabili.

Per lungo tempo i Jags sono stati equiparabili ad una delle barzellette più divertenti della Lega, una certezza nella loro sistematica negatività, e siamo qui a chiederci come mai abbiano fatto Tom Coughlin e Doug Marrone a ribaltare in tale maniera una squadra buona per quattro o cinque vittorie e trasformarla in una compagine degna della final four Nfl in un solo anno, versatile al punto di vincere una gara anti-spettacolare come la Wild Card contro Buffalo (anche se, per chi lo sa apprezzare, lo spettacolo vero era reperibile nelle numerose giocate difensive…) e di infilare 45 punti al passivo contro Pittsburgh la settimana successiva, portando a 75 il totale includendo il confronto di regular season, con Leonard Fournette a siglare addirittura quattro mete su corsa stagionali all’interno delle mura care agli Steelers, un’impresa persino superiore al fatturato di Le’Veon Bell nel medesimo contesto (solo tre touchdown casalinghi per il running back quest’anno…), una sommatoria di considerazioni che permettono di catalogare quanto appena elencato nel cassetto roba dell’altro mondo.

Un upset, in minor misura e con una piccola percentuale d’ingiustizia derivante dal poco rispetto, l’ha messo a segno anche quella Philadelphia che sarebbe pur sempre detentrice del seed numero uno della Nfc, ovvero quella squadra poco correttamente messa da parte per qualsiasi considerazione in ottica Super Bowl senza considerare la capacità di metamorfosi che gli Eagles hanno invece inscenato davanti al loro pubblico, mostrando un Nick Foles interessato a dimostrare di saper reggere la pressione, ed agevolato dal suo coaching staff. Frank Reich ha difatti coadiuvato al meglio Doug Pederson nella realizzazione di un piano di gioco concretamente in grado di mettere in difficoltà dei Falcons (ri)lanciatissimi a seguito dell’affermazione di Los Angeles, che avevano scacciato dubbi tornati invece ad annerire gli orizzonti del team allenato da Dan Quinn evidenziando ancora una volta in stagione le grandi problematiche offensive di squadra, con una endzone spesso irraggiungibile nonostante i numerosi posizionamenti dell’attacco all’interno delle 20 yard avversarie, un blocco psicologico che nè Quinn e nè Steve Sarkisian hanno saputo sciogliere.

Minnesota, Jacksonville e Philadelphia costituiscono quanto di più eccitante possa riservare il finale di stagione, tre squadre su quattro che non hanno mai vinto il Super Bowl nella loro storia non possono che alzare il livello d’interesse, salvo che non si mettano in mezzo sempre loro, i soliti New England Patriots, quelli ovvi e scontati, quelli più vincenti degli altri, quelli del quarterback capace di trovare l’elisir dell’eterna giovinezza ed avvinghiati dalle polemiche montate da chissà quale sapientone americano che pretende di sapere tutto e di piazzarlo al pubblico – casualmente? – nel momento più delicato dell’anno, con la postseason in pieno svolgimento, quasi non avessimo ancora compreso che per disturbare il rapporto magari non sempre idilliaco ma comunque granitico tra Belichick, Brady ed il patron Kraft ci vuole ben altro di un dossier su Espn.

Come dicevamo in apertura, non fosse stato per loro avremmo seriamente corso il pericolo di credere di aver preso una botta in testa in mezzo a tutta questa pazzia contro-corrente, ma il 35-14 con cui hanno distrutto Tennessee è stato perentorio e molto chiaro. I Patriots sono un rullo compressore, il confronto tra diverse generazioni (Brady vs Mariota, che peraltro punti di contatto ne hanno stilisticamente davvero pochi…) non è nemmeno cominciato, ed ora che i Jaguars hanno sventato l’ipotesi del rematch più atteso dell’anno, diventa probabile l’ennesima partecipazione al Super Bowl da parte di una franchigia inimitabile per quanto è riuscita a fare negli ultimi diciassette anni (contiamo i Super Bowl, i Champioship Afc, le stagioni con vittorie in doppia cifra, e poi facciamo due o tre considerazioni…).

Alla difesa di Jacksonville ed ai suoi numerosi protagonisti – troppi per nominarli tutti – il compito di riscrivere ancora una volta il futuro almanacco di questa stagione secondo le loro personali direttive, compiendo per l’ennesima volta l’impresa che chiunque ritiene impossibile, che tenteranno nella stessa giornata in cui i Vikings continueranno a credere nel loro Grande Sogno di portare il Super Bowl a casa, in tutti i sensi.

Tutto questo magnifico intreccio di storie si sta manifestando davanti ai nostri occhi, rendendo magica una postseason spettacolare, dove gli Dei del football si stanno davvero superando nella creazione della sceneggiatura. Ancora un po’ di pazienza e sarà di nuovo domenica.

Pronti per un’altra scorpacciata di emozioni?

Noi sì!