Quello dell’impermeabilità è da sempre uno degli argomenti principali quando ci si occupa di equipaggiamento per lo sport outdoor.
La necessità di proteggersi dall’acqua è di assoluta centralità in tutte le attività svolte all’aperto, soprattutto quando queste vengono esercitate lontano da casa – come in alta montagna.
Snowboard, sci e alpinismo sono gli sport a cui si pensa immediatamente quando si parla di protezione dalle condizioni avverse. Ma lo stesso discorso vale anche per il running, il trekking e la mountain bike.
Nonostante questo sia un tema essenziale per i nostri sport, si nota ancora una certa confusione riguardo alle diverse terminologie e alle caratteristiche dei tessuti utilizzati per forgiare i nostri indumenti tecnici. Qui di seguito una spiegazione generale utilizzando la mountain bike come esempio.
Contenuto dell’articolo:
Impermeabilità e traspirazione
Come si misurano impermeabilità e traspirabilità
Il DWR: cos’è, quanto dura
2L vs 2.5L: caratteristiche e differenze
Il 3L negli sport outdoor
DWR, 2L, 3L: cosa scegliere
Di per sé, la tenuta stagna di un indumento non è difficile da ottenere: basta rivestirlo di un qualsiasi tessuto plastico e si può essere sicuri che nemmeno la pioggia più intensa riuscirà a penetrarlo. Questa soluzione, spesso praticata in passato – prima dell’avvento di moderne tecnologie di waterproofing – presenta però un notevole limite legato all’assoluta mancanza di traspirabilità.
Gli effetti di una scarsa traspirabilità sono paragonabili a quelle della pioggia, e ugualmente spiacevoli: il sudore derivante dallo sforzo fisico, non potendo sfuggire da nessuna parte, perde la sua capacità di regolazione della temperatura corporea. Di conseguenza, ci sentiamo ancora più accaldati, finendo per sudare molto più del necessario.
Tutta questa umidità generata dal nostro corpo si accumula all’interno dei nostri indumenti, impregnandoli proprio come se fossero zuppi di pioggia. Il risultato principale è quella spiacevole sensazione di bagnato, a cui segue sempre quel gran freddo improvviso che si prova non appena smettiamo di faticare (tipo sulla seggiovia o durante una discesa in cui non dobbiamo pedalare).
Questa necessità di avere indumenti impermeabili e traspiranti è alla base della costante ricerca di materiali tecnici e nuove tecnologie da applicare al mondo dell’outdoor. In questo articolo riassumiamo le tre soluzioni più diffuse al momento: il DWR, il 2L e il 3L.
Per misurare la capacità di un indumento di proteggerci dall’acqua, si usa l’unità di misura della colonna d’acqua.
La colonna d’acqua è la misura della pressione dell’acqua che un materiale può sopportare prima di iniziare ad assorbirla. Si misura in millimetri (mm), e visivamente si può immaginare come un tubo di vetro posizionato sopra ad un certo tessuto: riempiendo il tubo, si raggiunge un livello tale per cui l’acqua inizia a penetrare attraverso un tessuto.
Esempio: un tessuto da 20.000 colonne (a volte espresso anche come 20K) resisterà fino ad avere sopra di sé 20.000 mm d’acqua, ovvero 20 metri.
Generalmente troviamo i seguenti gradi di impermeabilità nell’abbigliamento tecnico:
La traspirabilità è la misura della capacità di un materiale di rilasciare l’umidità corporea. Si misura in g/m2/24h, ovvero la quantità (in grammi) di liquido che un metro quadro di materiale è in grado di rilasciare nel giro di 24 ore.
Esempio: un tessuto da 30.000 g riesce a rilasciare 30kg di sudore nel corso di una giornata. In 8 ore di snowboarding, equivalgono a 10 litri d’acqua!
DWR significa Durable Water Repellent. Si tratta di una lavorazione idrorepellente a lunga durata a cui si sottopongono vari tipi di tessuto, largamente usato in tutti i campi dell’outdoor.
Innanzitutto, è un trattamento e non un materiale. Stiamo cioè parlando di un polimero ultrasottile che si applica all’esterno di giacche, guanti, pantaloni ma anche zaini e tende da campeggio.
È così diffuso perché è pratico, poco costoso ed estremamente facile da utilizzare. Inoltre, non compromette le caratteristiche di elasticità e traspirabilità del tessuto su cui viene impiegato. Fox Racing, ad esempio, lo usa per completare la tenuta di quasi tutte le giacche e tutti i pantaloni ma anche di diversi shorts.
Bisogna però fare attenzione ad una cosa: il DWR non è un trattamento impermeabile, è solamente idrorepellente. Ovvero, agisce sulla tensione delle fibre del tessuto, evitando semplicemente che si impregnino d’acqua. In inglese si dice che è water-resistant, e non waterproof. L’acqua che incontra il DWR si accumula in gocce (anche dette perle) di grandi dimensioni che scivolano via grazie alla forza di gravità.
Il DWR quindi, sebbene molto funzionale, non ha le stesse caratteristiche di performance di un tessuto 2L o 3L. Inoltre, purtroppo, non è permanente. L’uso prolungato di un capo, lo sfregamento, l’usura e anche il suo lavaggio (soprattutto con detersivi!) finiscono per rovinare il DWR, causando la progressiva perdita di idrorepellenza nel corso del tempo.
Proprio per questo motivo, la ricerca di materiali più performanti ha portato alla diffusione dei tessuti 2L.
In origine c’era il 2L. I tessuti di questo tipo esistono già da svariati anni e sono caratterizzati da due strati sovrapposti (2L significa infatti “2 layers”, e non “2 litri”): quello esterno, generalmente un materiale sintetico come il poliestere, e quello interno, una membrana traspirante e impermeabile.
Lo strato esterno, che ha la funzione di essere visivamente bello e proteggere la membrana, è completato con il DWR, il quale svolge il compito di formare una prima barriera contro l’umidità.
Ma è proprio la membrana la parte più importante dell’indumento. La sua peculiarità è la presenza di microscopici fori, troppo piccoli perché le gocce d’acqua riescano a penetrare, ma abbastanza grandi per rilasciare il vapore acqueo prodotto dal nostro corpo durante la sudorazione, dato che la molecola di vapore acqueo ha dimensioni inferiori rispetto a quella dell’acqua in forma liquida. Pertanto, la membrana è la chiave che rende il capo perfettamente impermeabile, ma anche anche estremamente traspirante.
La membrana impermeabile e traspirante è ormai un attributo fondamentale dei capi da sci e snowboard, dove il contatto con l’acqua è certo e bisogna fornire una protezione contro le infiltrazioni, ma allo stesso tempo permettere una perfetta traspirazione vista l’intensità dell’attività fisica.
In questi sport, praticati spesso a temperature sotto lo zero, il tessuto 2L viene accoppiato a imbottiture per garantire l’isolamento termico. Le giacche 2L, per esempio, sono facilmente riconoscibili per la presenza dell’imbottitura al loro interno.
Il 2.5L è un’evoluzione più recente del 2L, utilizzato per lo più in sport che non richiedono protezione dal freddo intenso, quindi soprattutto per l’uso estivo. Si trova infatti negli indumenti antipioggia da trekking e da mountain bike.
A differenza del 2L, invece dell’imbottitura presenta una sorta di fodera interna super-sottile stampata direttamente sulla membrana. Questa fodera, praticamente invisibile, protegge la membrana da sfregamenti interni e possibili abrasioni, aumentandone la durabilità. Qui sotto è presente un esempio della membrana vista sulla giacca Fox Ranger Water 2.5L (10K/3.000g):
I vantaggi rispetto al 2L sono principalmente due: senza imbottitura il capo risulta molto più leggero e meno voluminoso, e quindi più facile da trasportare.
E, contrariamente al DWR, 2L e 2.5L non perdono mai le loro caratteristiche di impermeabilità. Potenzialmente, una giacca 2.5L conserva le sue caratteristiche tecniche di impermeabilità per tutta la vita (al netto di strappi e abrasioni). Per assurdo, il rischio maggiore è che la membrana perda a lungo andare una parte delle sue caratteristiche di traspirabilità a causa dell’occlusione dei fori da parte di sporco e/o molecole di detersivo.
Il 3L è molto più simile al 2.5L che al 2L. Anzi, le differenze si assottigliano notevolmente. La differenza principale è nello strato interno, che nei 3L è una fodera vera e propria che dona maggiore comfort a contatto con la pelle e maggiore resistenza al capo.
I tre livelli di cui è composto sono quindi uno strato esterno sintetico e trattato con DWR, una membrana, impermeabile e traspirante, e una fodera interna, che può essere più o meno sottile. I tre materiali sono saldati insieme, processo che riduce lo sfregamento tra di essi e quindi la loro resistenza nel tempo.
Il processo di costruzione del 3L richiede materiali più pregiati ed ancora più durevoli rispetto al 2.5L, ed ecco perché questa tipologia di capi è spesso più cara. L’uso della fodera, inoltre, presenta un ulteriore punto a favore: questa è studiata per asciugare immediatamente il sudore e convogliarlo verso l’esterno, replicando quella che sarebbe la normale termoregolazione del corpo in assenza di impedimenti. La fodera fornisce anche un effetto aggiuntivo di isolamento termico, più o meno intenso a seconda dello spessore della fodera.
Il tessuto 3L è però più spesso del 2.5. Pertanto i capi, sebbene rimangono dei “gusci” senza una vera e propria imbottitura, risultano più voluminosi. Per gli sport invernali, è comunque caldamente consigliato
Il 3L è più resistente del 2.5L, ma non significa che sia indistruttibile. Soprattutto nella mountain bike, in cui le cadute sono frequenti, è alto il rischio di strappare una giacca e rovinarne le capacità di waterproofing. Ecco perché si è soliti rinforzare le zone strategiche con altri materiali come il Cordura®, come fa Fox con la giacca Defend 3L o il pantalone Defend 3L.
La risposta a questa domanda può sembrare complessa, ma non lo è. Riassumiamo qui di seguito le principali caratteristiche dei tre tipi di tessuti: